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Riordino delle Province: la posizione del Pdl regionale

di Roberto Lottini
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5 province più la città metropolitana di Firenze. Questo in estrema sintesi il progetto di “riordino delle province” presentato  dal Coordinatore regionale PdlL Massimo Parisi e dal Capogruppo in Regione Alberto Magnolfi, assieme a tutti i consiglieri regionali.

Ecco il testo integrale del documento:

“La Giunta regionale ha scatenato la «guerra dei capoluoghi» spargendo promesse che allo stato sono completamente irrealizzabili. In generale viene prospettata la soluzione delle 3 aree vaste, concepita ben prima della riforma Monti, che contiene un equivoco di fondo. Il riordino delle province, secondo la legge nazionale, prevede il dimezzamento del numero di questi enti ma non certo la creazione di 3 sub-regioni di estensione spropositata e prive di un minimo di omogeneità territoriale.

Le aree vaste rappresentano una dimensione utile per la programmazione di taluni aspetti della politica regionale e per l’eventuale gestione di servizi associati, ma non possano trasformarsi in Enti come sono, invece, le province che rappresentano un territorio e amministrano funzioni delegate.

Se la strada presa dal Parlamento fosse stata quella di abolire completamente le provincie, come il PdL ha più volte sollecitato, il concetto di area vasta poteva trovare spazio nel generale riordino di tutti i poteri che stanno tra la Regione e i Comuni. Ma non è questa l’operazione che siamo chiamati a fare nel momento in cui si parla di mero riordino delle attuali province tramite il loro accorpamento.

Quello paventato dal Presidente Rossi è un disegno di impoverimento del tessuto autonomistico della Regione, destinato a diluire degli uffici essenziali dello Stato in entità territoriali vastissime con una ripercussione profondamente negativa sulla qualità della vita dei cittadini. Infatti, tutti gli uffici periferici dello Stato, a termini di legge, dovranno essere riorganizzati tenendo conto delle nuove ripartizioni provinciali. Se queste ultime dovessero coincidere con le tre aree vaste i cittadini toscani sarebbero costretti ad inseguire servizi essenziali (dalla Prefettura alla Questura, alla Agenzia delle Entrate e del Territorio, all’INPS) a decine o, persino, centinaia di chilometri dai loro luoghi di residenza.

In particolare nella Toscana centrale, la proposta di Rossi, porterebbe a prevedere la nascita di una nuova ed anomala entità frutto della fusione tra la città metropolitana di Firenze, come tale oggetto di specifica previsione costituzionale e di leggi ordinarie, con due delle attuali province, con il risultato di costituire, naturalmente solo sulla carta, un città «metropolitana frankenstein» nei cui confini, dal punto di vista territoriale e socio-economico, si raccoglierebbe tutto e il suo contrario.

Occorre muoversi sul terreno del realismo senza violentare la storia e il territorio regionale. Se l’obiettivo dichiarato è quello di ridurre alla metà il numero delle province, in Toscana questo obiettivo è a portata di mano: ferma restando la città metropolitana di Firenze, Arezzo ha già nella sostanza i numeri per vedere confermata la sua Provincia, mentre accorpamenti assolutamente naturali, secondo i criteri proposti dal Governo, risultano quelli tra Pisa e Livorno, Lucca e Massa-Carrara, Prato e Pistoia, Siena e Grosseto.

Questa soluzione che il PdL regionale (Partito e Gruppo consiliare) formalmente propongono, è già realizzabile nel rispetto della legge nazionale approvata dal Parlamento, con l’unica modesta deroga, eventualmente da richiedere, per quanto riguarda la dimensione territoriale della provincia di Prato-Pistoia. Deroga che, fra l’altro, potrebbe non essere necessaria se taluni Comuni destinati a ricadere nella città metropolitana di Firenze ritenessero, nella loro autonomia, di unirsi alla nuova «provincia manifatturiera» della Toscana centrale.”

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