Grosseto. Semaforo rosso alla carne sintetica, detta anche “carne coltivata”, da parte di Federcarni Confcommercio Grosseto. Il sindacato di categoria fa da scudo alla “ciccia buona” e alla lunga storia del settore macelleria in Maremma e nel nostro Paese.
“Noi rappresentiamo un baluardo della tradizione enogastronomica italiana – commenta Gabriele Rossi, presidente di Federcarni Confcommercio Grosseto –. Basti pensare che, in questi anni, come sindacato abbiamo affrontato con grande tenacia e con importanti risultati la difficoltà di avere un ricambio generazionale nelle nostre botteghe. Adesso abbiamo invece tanti giovani che portano avanti con professionalità, passione e orgoglio questo nostro antico mestiere. In provincia di Grosseto, anche se sono numericamente di meno rispetto al passato, le macellerie sono oramai sinonimo di estrema qualità del prodotto carne, per andare incontro alle esigenze di un cliente sempre più informato ed anche esigente”.
“Non siamo contro la ricerca – chiarisce Rossi –, ma contrastare, come giustamente sta facendo il nostro Governo la produzione, l’importazione e la commercializzazione nel nostro Paese della carne fatta in laboratorio è un modo per difendere le nostre produzioni agroalimentari di qualità, la nostra cucina, il nostro mestiere, i piccoli allevamenti di zona e forse anche la salute dei cittadini. Siamo estremamente convinti che l’Italia abbia preso la posizione giusta per bloccare l’ingresso di queste nuove tecnologie alimentari, che in realtà sono soprattutto un nuovo grande business mondiale“.
Il disegno di legge del Governo approvato da Palazzo Madama e che dovrà passare poi alla Camera contiene anche il divieto di usare la dizione “carne” su prodotti che sono ottenuti da proteine vegetali.
Il fine è di tutelare il patrimonio zootecnico nazionale riconoscendone il suo elevato valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché per non indurre in confusione i consumatori.
“Anche in questo caso – conclude il presidente di Federcarni Confcommercio Grosseto – la questione non è impedire il consumo dei surrogati vegetali della carne, ma semplicemente chiamare i prodotti con il loro nome”.
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