“Riflessioni per Giulia Tramontano e per tutte le Giulie che hanno incontrato un uomo incapace d’amare: adesso che non possiamo più salvarvi, siate per noi sempre ricordo vigile di necessario cambiamento”.
Lucia Cortecci, psicologa e psicoterapeuta del centro Psicologia & Mindfulness di Grosseto, interviene sul femminicidio di Giulia Tramontano, la donna di 29 anni, al settimo mese di gravidanza uccisa dal compagno a Senago lo scorso 27 maggio.
“Il rispetto dell’altro è saper gestire la propria frustrazione – sottolinea Cortecci –. Come possiamo insegnare il rispetto ai nostri figli? Impariamo a non avere paura del dolore. A non avere paura di dire basta se quello, è ciò che sentiamo dentro. Impariamo a perdere, a rinunciare, a sacrificare. Impariamo ad amare in modo incondizionato perché ci sono troppe relazioni fatte solo di convenienza, opportunismo, deboli spinte ad incontrare l’altro, perché troppi fragili i cuori, troppo bisognose le menti, troppo insicure le personalità. Si vuole tutto e subito, si morde, ma non si assapora, si è schiavi degli attaccamenti e ci si nasconde dietro il troppo amore, no l’amore non è troppo, è, semplicemente, e vuole la felicità altrui, non quella che ci conviene, non quella che noi autorizziamo”.
“Si parla di rispetto, ma cosa è il rispetto? Mi hanno scritto molte mamme addolorate e spaventate per i loro figli maschi o per le figlie femmine che un giorno potrebbero incontrare il maschio sbagliato – continua Cortecci –. Le madri vogliono e debbono insegnare il rispetto ai loro figli, è giusto. Dobbiamo però considerare che per insegnartelo come madre devo averlo io chiaro in testa, devo provarlo per me stessa, devo praticarlo con il mio partner, il mio vicino, mia nonna, mia cugina, allora tu bambino vedendo me impari. Il rispetto non è fatto di parole al vento, ma di gesti veri, pratici, puliti. Il rispetto si insegna rispettando gli altri, se non hai cura delle persone come pensi che tuo figlio possa imparare a rispettare gli altri? Il rispetto è un prisma dalle infinite sfaccettature. Io mi soffermo su una di esse”.
“Rispettare è insegnare ad un bambino, che poi un giorno sarà uomo, che la frustrazione è necessaria nella vita e dunque è opportuno imparare a gestirla – spiega la psicologa -. Rispettare è insegnare che non è possibile che i nostri bisogni siano sempre corrisposti o nel momento stesso in cui noi lo desideriamo. Rispettare vuol dire che rispetto e accetto che la vita mi dica No, quindi, siccome il mio corpo e la mia mente conoscono il supporto necessario per reggere quel No, lo traduco a te bambino ai primi passi di un’avventura. Mamma, puoi dire al tuo bambino ‘No’, sai? Perché tu sei il mondo che lui penserà esista fuori e il mondo non è sempre buono, è quello che è e lui deve fare la palestra giusta di fronte ai ‘Sì’ per imparare la gratitudine e di fronte ai ‘No’ per imparare la gestione del dolore; sì il sentimento della perdita, ma prima ancora la gestione della frustrazione”.
“Mamma, sai, puoi dire ‘Basta’, puoi dire ‘Mi dispiace, non così’ e attendere con fiducia la sua risposta, con fiducia, dico, non tremando perché potrebbe arrivare un pianto che chiude il tuo stomaco – continua Cortecci -. Lo so, i sensi di colpa fanno subito capolino, ma in questa riflessione adesso non mi occupo di voi madri, perdonatemi, ma dei vostri figli che domani saranno uomini e donne, fidanzati e fidanzate, che siete chiamate ad educare, sì certo ad amare, ma non sono dei peluches, potete amarli mentre li educate alle emozioni, anche al dolore, potete amarli mentre scegliete il rimprovero o la frustra; lo sapete che spesso, e sarà importantissimo, sarete interpreti di quel mondo fuori che dice No? Ma potete diventare anche un possibile esempio del suo mondo interiore di fronte a quel No”.
“Lo so, ruolo arduo, ma è il vostro e se lo fate con lucidità e consapevolezza costruirete una base bellissima e solidissima per i vostri futuri uomini e donne – sottolinea la psicologa -. Insegnate a gestire la frustrazione e insegnerete il rispetto: siamo al punto di respirare e attendere la risposta del vostro bambino, ok parte il pianto, parte la rabbia, partono i pugni, qualche pernacchia..bene…. Non demordete, respirate, non correte a riparare al posto suo la situazione, non tornate nei vostri passi a meno che non abbiate cambiato idea. Possiamo mostrargli che va tutto bene, che anche se sta provando rabbia o tristezza va bene, noi siamo lì con lui mentre piange, mentre si arrabbia, legittimeremo i suoi sentimenti, ma ferme, con presenza, ferme.. non potremo comunque dargli ciò di cui ha bisogno in quel momento”.
“Il genitore non deve essere buono, perché alla ricerca di medaglie, ma può essere accudente, per i bisogni di crescita del bambino, che è diverso. Bambino: ‘Se mi accudisci con una presenza amorevole mentre piango convivrai insieme a me nella frustrazione e io imparerò a sostenerla, a non agirla, a trasformare la rabbia in tristezza e potrò ricevere l’abbraccio del conforto, chiuderò serenamente l’esperienza dell’assenza e poco a poco saprò che posso sopravvivere all’assenza e andrò avanti’. Che viaggio esistenziale quel No – sottolinea Cortecci -. Ma se tu mamma non sopravvivi al mio pianto, alla mia rabbia e non starai con me nella frustrazione, non starai con me in presenza davanti alle mie lacrime, perché non ce la fai a vedermi frustrato, o non vuoi che io soffra e dunque otterrò subito ciò che subito non c’è, e quindi smetterò di piangere e quindi non avrò la tua guida..io come farò ad avere fiducia in me? Nella vita? Nell’altro che è per me sostegno e non distributore di bisogni? Immaginerò che gli altri siano lì per me, non con me, che loro non abbbiano sentimenti o pensieri, ma dipendano da me, che su di loro io abbia potere, che io sia più importante degli altri e che tutto ruoti attorno a me. Che tu sei il mio distributore automatico di certezze, in un mondo in cui certezze non ci sono e che quindi domani ne cercherò altri come te. E se non vorranno più esserlo non renderò loro la vita semplice”.
“Tu sei per me fonte d’amore, non distributore automatico perchè è importante che io desideri, che io chieda, che io attenda, che io abbia , che io sia grato. Forse se tu rispetti la mia esperienza di frustrazione, io imparerò il rispetto per i sentimenti degli altri, soprattutto quando sarò impotente..sopravvivrò..reggerò il dolore..non mi prenderò ciò che voglio perchè mi è dovuto, non lo strapperò dalle mani dell’altro illudendomi di un’onnipotenza che non ho..non mi troverò nei guai..e domani, se non amerò più la mia fidanzata, potrò permetterti di dire basta senza agire con rabbia per la frustrazion , senza pensare che sia ‘cosa di mia proprietà’ e perché so che ce la faremo, sopravvivremo..tutti e due. Perché un uomo rispetti una donna deve essere un uomo che rispetta sè stesso e sa gestire il proprio mondo interiore – termina Cortecci -. Una madre non può tutto perché non tutto dipende da lei, ma può usare con consapevolezza, la sua influenza, il suo amore affinché contribuisca positivamente alla crescita del suo bambino, da adulto tutto sarà poi nelle sue mani”.