Il Consiglio provinciale ha approvato all’unanimità il piano faunistico venatorio 2012.
“Questo piano – spiega il presidente della Provincia, Leonardo Marras – introduce elementi di innovazione nel rapporto tra istituti pubblici e privati, e rivede il ruolo delle aziende faunistico venatorie. Grazie alla loro collaborazione miglioreremo gli habitat e formuleremo un’esperienza innovativa di integrazione pubblico-privata. L’obiettivo di questa rottura di continuità con gli strumenti di pianificazione del passato, è di dare una soluzione più adeguata sotto il profilo tecnico alla gestione della popolazione di cinghiale nelle zone non vocate, aggredendo in modo efficace il problema così da salvaguardare le colture prese di mira dagli ungulati. L’altro macro-obiettivo del Piano è quello di favorire il reinsediamento sul territorio della fauna selvatica di piccola taglia con specie autoctone, che negli anni sono andate progressivamente diminuendo”.
“Inoltre – conclude Marras – credo sia oggi importante sottolineare in positivo il vasto processo di partecipazione che per mesi ha coinvolto le diverse componenti del mondo venatorio e ambientalista, che ha prodotto una discussione competente e appassionata sulla gestione della fauna nella nostra provincia, sfociata in un Piano particolarmente innovativo nei suoi contenuti tecnici. Un risultato del quale ringrazio tutti gli interlocutori che hanno animato il confronto, che hanno dimostrato duttilità e capacità di mettere in discussione vecchie certezze nell’interesse collettivo della comunità provinciale e della tutela e salvaguardia del nostro ambiente”.
Per quanto riguarda il cinghiale sono due i punti sostanziali previsti dal Piano faunistico venatorio 2012 per migliorare la gestione: la revisione delle aree vocate con l’abolizione delle “aree di gestione intermedia” e la definizione di linee di gestione per aree vocate e non vocate. Sarà consentita una densità compatibile con le varie tipologie ambientali nelle aree vocate, mentre per le aree non vocate si dovrà tendere alla sradicazione del cinghiale con tutti i metodi a disposizione.
Sulle aziende faunistico venatorie (AVF) viene stabilito un limite massimo di superficie aziendale di aree boscate e un limite massimo di superficie per ogni AFV (1000 ettari, raddoppiabili se si partecipa a progetti di pubblica utilità). Si individuano come possibili specie di selvaggina in indirizzo (specie di cui l’AVF deve garantire un certo livello di riproduzione) la lepre, il fagiano, la pernice rossa, la starna, la lepre italica e il capriolo italico. Per queste ultime due specie autoctone la Provincia porta avanti da anni specifici progetti di studio e di salvaguardia.
Il Piano detta poi le linee di gestione per lo sviluppo delle zone di ripopolamento e cattura e delle zone di rispetto venatorio, istituti pubblici gestiti dalla Provincia insieme agli Atc, che nel corso degli ultimi anni hanno registrato un importante incremento delle popolazioni di lepri e fagiani. E prevede, inoltre, modifiche ai perimetri degli istituti a tutela della fauna come le oasi e le zone di protezione della migratoria.